Feltri difende Salvini: “Giustizia a orologeria, è ideologia con la toga”
Vittorio Feltri commenta duramente il ricorso in Cassazione contro l’assoluzione di Matteo Salvini per il caso Open Arms, parlando di persecuzione giudiziaria.
Il ricorso per saltum e l’accusa della Procura
La notizia del ricorso in Cassazione presentato dalla Procura di Palermo contro l’assoluzione di Matteo Salvini ha riacceso il dibattito sul caso Open Arms, scatenando la reazione di Vittorio Feltri. In un editoriale pubblicato su Il Giornale, il fondatore del quotidiano ha espresso la propria posizione attraverso il consueto format di risposta ai lettori, sottolineando il carattere straordinario del ricorso, definito come “per saltum”, cioè saltando l’appello per rivolgersi direttamente alla Suprema Corte.
Feltri non ha esitato a giudicare questa scelta come una manovra anomala: «Una forzatura legittima, certo, ma dal sapore inquietante. Perché, vedi, non siamo di fronte a un banale ricorso. Qui c’è il tentativo evidente e sfacciato di ribaltare ad ogni costo un verdetto di assoluzione piena, sancito dopo un lungo processo nel quale è stato accertato che il fatto non sussiste».
Salvini sotto accusa per aver fatto il suo dovere
Nel prosieguo del suo intervento, Vittorio Feltri punta il dito contro un presunto accanimento giudiziario e mediatico nei confronti del vicepremier: «Il caso di Salvini è da manuale. È stato massacrato mediaticamente e giudiziariamente per aver impedito uno sbarco che poteva (e che doveva) essere impedito, nessun delitto egli ha posto in essere. Tuttavia, ne è seguito un processo lungo, estenuante, che si è concluso con un’assoluzione limpida. Ma non basta. Non va bene. La magistratura ha deciso che non può finire così, avrebbe voluto un altro finale, un altro epilogo, e dunque ha impugnato la sentenza. Cioè: la magistratura accusa la magistratura di aver sbagliato».
“Colpevole di avere il consenso degli italiani”
Nel passaggio più netto del suo editoriale, Feltri evidenzia ciò che a suo avviso rappresenta il nodo politico della vicenda: «Siamo al ridicolo. Questo non è diritto. È ideologia con la toga addosso. È persecuzione». Secondo il giornalista, Salvini è «colpevole non di un reato, ma di avere consenso e di avere esercitato un dovere e una prerogativa dello Stato in qualità di ministro. Colpevole altresì di essere stato scelto dagli italiani per fare ciò che ha fatto: proteggere i confini».
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