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Nicolò Filippucci: “Avrei voluto alzare la coppa di Amici, mi è dispiaciuto uscire dopo tutto quel cammino”

Nicolò Filippucci: “Avrei voluto alzare la coppa di Amici, mi è dispiaciuto uscire dopo tutto quel cammino”
Da: No Source Pubblicato In: Luglio 10, 2025 Visualizzato: 71

Nicolò Filippucci: “Avrei voluto alzare la coppa di Amici, mi è dispiaciuto uscire dopo tutto quel cammino”

Nicolò Filippucci è stato il protagonista di Amici 24, il concorrente più discusso all'interno di quest'edizione del talent e in grado di suscitare polemiche per la sua eliminazione alle porte della finale, dopo 8 mesi. Ha pubblicato lo scorso 23 maggio il suo primo lavoro ufficiale, l'Ep Un'ora di follia, che contiene gli inediti presentati in trasmissione, a cui si aggiunge Occhi Stanchi: "Questo brano parla della perdita di una persona cara. È una riflessione sugli ultimi momenti con lei, su ciò che avrei voluto fare. Quando canto ‘Ce l’ho ancora con me', mi do la colpa di non esserci stato abbastanza". Dopo la maturità, che ha raccontato in quest'intervista, è ritornato a parlare del suo ingresso nel talent, i primi momenti di difficoltà, ma anche la rinuncia alla prima maglia dorata e l'esplosione al Serale. Senza dimenticare l'eliminazione: "C'era un momento di una lezione in cui dissi che avrei voluto alzare la coppa. È una cosa che sicuramente avrebbe fatto piacere. Ma quando sono uscito, la cosa che mi è dispiaciuta di più è stata quella di non aver completato il percorso. Mancava una sola puntata, dopo aver fatto tutto quel cammino". Qui l'intervista a Nicolò Filippucci.

Come presenteresti Un'ora di follia a un pubblico che non ha seguito Amici?

Rappresenta la mia nascita come artista. Fa ancora un po’ strano dirlo, "artista", perché il percorso è appena cominciato. Ma sì, è la mia nascita musicale. Racconta quello che è stato il mio percorso. Essendo il primo progetto, rappresenta la mia evoluzione, la partenza.

C'è un tema centrale?

Credo sia l'amore anche se in ogni brano assume una sfaccettatura diversa: l’amore per una persona, per un familiare, per un amico, per un partner. Ogni brano ha la sua rappresentazione.

Partiamo con Non mi dimenticherò. 

È il ricordo di una persona, soprattutto di alcuni immagini molto forti. Quando canto per esempio: "Ci incontreremo all'angolo di quella strada. Parla di questa persona che per adesso non c'è ma spero di ritrovare. Un amore malinconico.

Poi c'è Yin e Yang.

Rappresenta il dualismo che c'è in amore, ma come in ogni altra cosa. Due opposti che si attraggono, come il bianco e il nero, il buono e il cattivo.

Nella lettura del brano, ho letto anche una tua riscoperta, una tua nuova consapevolezza.

Assolutamente, è anche una riflessione personale, un invito ad accettarci per quello che siamo. Mentre Cuore Bucato è diverso.

Sicuramente non un pezzo felice.

Parla di una perdita, di un amore che non c'è più. Per me è una ferita ancora aperta, qualcosa che non si è ancora chiuso: è malinconia, ma anche rabbia. In quei momenti, quando la mente non è lucida, tendi a pensare che sia stato tutto uno spreco, che sia stato inutile. È un amore più istintivo, meno razionale.

Qualcosa che non sei riuscito ancora a elaborare?

Esatto. Una cosa rimasta in sospeso, non detta, ma che fa male.

Un'ora di follia che dà il titolo all'Ep invece?

È anche un auspicio che faccio nei miei confronti, perché parla di un'amore folle.

Sei una persona razionale?

Molto, penso tanto prima di fare qualsiasi cosa, invece a volte un po' di sana follia farebbe bene. Lasciare spazio all'istinto non è sbagliato.

Quanto sei legato a Occhi Stanchi?

Tantissimo. Questo brano parla della perdita di una persona cara. È una riflessione sugli ultimi momenti con lei, su ciò che avrei voluto fare. Quando canto "Ce l’ho ancora con me", mi do la colpa di non esserci stato abbastanza. Ma col tempo ho capito che forse non era colpa mia, era qualcosa di più grande di me. È un brano a cui tengo tantissimo, è forse quello che mi ha aiutato di più a riflettere e a crescere.

Faccio un passo indietro: cosa rappresenta per te Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco?

Un brano a cui sono legato, soprattutto per tutto il lavoro che ho/abbiamo fatto con i vocal coach. Forse è il brano cui ho lavorato di più in questi mesi in casetta, l'ho curato frase per frase cercando ogni singolo significato. Poi era pianoforte e voce, un legame che mi ha sempre conquistato.

Invece che rapporto ti lega a Marco Mengoni? Partiamo dalla vittoria del contest di Ronciglione nel 2023 con Luce, un brano speciale della sua discografia.

È stata un'esperienza incredibile, anche perché erano i primi anni in cui provavo a fare musica. Poi Mengoni è un artista completo, con la A maiuscola. Luce l'ho scelta per il significato che aveva, soprattutto in quel momento, ma anche perché mi piace moltissimo.

Come ti fa sentire che uno dei tuoi primi live con il nuovo Ep sarà proprio a Ronciglione?

Sono felicissimo, non vedo l'ora di godermi quel viaggio e di chiudere il cerchio che mi unisce con quel luogo.

Ritorniamo alla tua esperienza ad Amici: uno dei primi momenti è stato il 4 novembre, quando è arrivato lo sfogo perché non ti sentivi ancora pronto per il programma. Cosa ti frenava in quel momento?

Più che l'impatto televisivo, penso potesse essere proprio l'inesperienza. Avevo cominciato da poco, non avevo altri brani nella mia discografia e Amici è una prova importante per essere una prima esperienza. A quella si collega un po' la paura del futuro.

Un discorso che è ritornato anche nei momenti successivi alla tua eliminazione.

Sì, perché è una paura generale. Quindi più del programma in sé, era una paura legata alla mia preparazione, al non sentirmi ancora pronto, anche a livello di studio. Era quello il punto.

Come si reagisce a questa paura in un contesto in cui non c'è molto spazio per la propria intimità, per la propria riflessione?

Di base, io non sono una persona che si lamenta molto, a prescindere dal contesto. Non c’è una tecnica precisa che ho usato. Ricordo che parlai con Anna, ma anche con il coach e con i ragazzi in casetta. Ci sono persone che cercano davvero di aiutarti. Il miglior modo è stato restare focalizzato su quello che stavo facendo lì dentro. Mi aiuta molto pensare a un discorso di Roger Federer che mi è rimasto impresso.

Quale?

Diceva che durante una partita ogni punto, che sia un diritto vincente o un errore, vale comunque uno. È un punto e basta. Non puoi stare a rimuginare su quello che è passato. Devi pensare al punto successivo. Ecco, io mi sono comportato così: ho preso atto di quello che era successo, ma poi mi sono concentrato sul passo successivo. Penso sia la chiave per ottenere sempre il massimo.

Un'altra dinamica interessante sono i colleghi/concorrenti in casetta: da un lato siete in gara, dall'altra vi trovate tutti sulla stessa barca. Com'è stato vivere questo dualismo?

Ti dirò, la competizione non si sente più di tanto. Forse solo al serale, quando ogni settimana c’è il rischio di uscire. Ma in generale no. Condividi tutto con le persone lì dentro, dalla mattina alla sera, per mesi – nel mio caso, otto mesi – e quindi nascono legami veri. Ci siamo trovati bene, ci siamo uniti tanto, ci sentiamo ancora spesso. In casetta non si avvertiva la competizione, poi è chiaro, durante una sfida vuoi vincere, è normale. Ma non c’è mai stata rivalità negativa, io mi sono trovato molto bene.

Nell'intervista a Trigno, ci aveva rivelato che all'inizio dell'avventura aveva avuto qualche difficoltà ad ambientarsi anche con gli altri ragazzi in casetta: come avete fatto amicizia?

Non ricordo se c’è stato un momento preciso, sicuramente abbiamo legato molto al Serale. Forse all’inizio non era la persona con cui andavi a confidarti, ma non ci siamo mai stati antipatici. Al Serale, poi, essendo compagni di squadra, abbiamo lavorato tanto insieme, abbiamo condiviso duetti, ore in sala, ci siamo fatti un sacco di risate. Abbiamo anche condiviso la pressione delle puntate. Negli ultimi 2/3 mesi siamo diventati davvero fratelli.

Lo si è visto anche nei duetti.

Esatto, un po' come gli opposti che si attraggono. Io e lui siamo così.

Tra i momenti da ricordare c'è anche la rinuncia alla prima maglia dorata per il Serale: ti è pesata quella scelta?

In realtà, no, non l’ho fatto perché sapevo che l’avrei ripresa, ma per un senso di giustizia. Quando ho preso la maglia ero sorpreso e felice. Poi è arrivata la regola dei tre sì, e lì mi sono sentito di dover fare quella scelta. Mi sono chiesto: "Perché io dovrei avere la maglia senza i tre sì, mentre tutti gli altri devono ottenerli?". Non era giusto. Per me è stata una decisione semplice, non volevo sentirmi un’eccezione, mi sarei sentito a disagio. Quindi ho preferito rinunciare. Non è stato un peso, anzi.

Poi avviene la trasformazione completa al Serale? Come l'hai spiegata a te stessa quell'evoluzione?

Al Serale ho cercato di avere più consapevolezza di me stesso e dei miei mezzi. Ho cercato di non pormi limiti, anche come artista. Se devo usare una parola semplice: ho cercato di divertirmi. Non nel senso di ridere su tutto, ma di godermi quello che facevo. Nel periodo tra la conquista della maglia e l’inizio del serale ho lavorato molto su me stesso. Ho lavorato sul corpo, sul linguaggio, sul significato di quello che dicevo. Devo ringraziare tanto i vocal coach, in particolare Giordana Angi, che mi ha aiutato molto, anche a livello psicologico. Lei è stata fondamentale, davvero.

Ha parlato molto bene anche lei di te.

E io non posso che ringraziarla. Mi ha reso quello che sono oggi, sia artisticamente sia come persona. E voglio ringraziare anche il corpo di ballo e i coreografi. Ho lavorato tanto con loro sul corpo, sul movimento. Ringrazio davvero ogni singola persona con cui ho avuto a che fare.

Ti aspettavi una risposta del pubblico così forte dopo la tua eliminazione?

No, sinceramente no. Appena ho ripreso il telefono è stata una sorpresa. Non avevamo contatti con l’esterno, e in puntata il pubblico c’era per tutti, non solo per me. Quindi no, non mi aspettavo tutto questo. Davvero no.

C'è qualche rimorso sulla vittoria finale della categoria canto?

Durante un day-time trasmesso in tv c'era un momento di una lezione in cui dissi che avrei voluto alzare la coppa. È una cosa che sicuramente avrebbe fatto piacere. Ma quando sono uscito, la cosa che mi è dispiaciuta di più è stata quella di non aver completato il percorso. Mancava una sola puntata, dopo aver fatto tutto quel cammino. Ma rimorsi no, anzi rifarei tutto da capo: sia le cose belle, sia gli errori.

C'è un desiderio per il futuro?

Essere felice, e penso che questa felicità possa arrivare sicuramente dalle persone che mi circondano, ma anche e soprattutto dalla musica. Da quella che scriverò, che spero di continuare a scrivere. E poi dai palchi, dalla gente. Magari un giorno riuscirò a vedere tutte quelle persone in tour, davanti a me. Sarebbe qualcosa di davvero bello.

ASCOLTA Nicolò Filippucci - Un’ora di follia

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