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Bebe Vio su Vannacci: «Le classi separate per i disabili? Le abbiamo tolte per primi. Insieme si cresce di più»

Bebe Vio su Vannacci: «Le classi separate per i disabili? Le abbiamo tolte per primi. Insieme si cresce di più»
Da: Girovagando Pubblicato In: Aprile 29, 2024 Visualizzato: 544

Bebe Vio su Vannacci: «Le classi separate per i disabili? Le abbiamo tolte per primi. Insieme si cresce di più»

«Siamo stati il primo Paese al mondo a eliminare le classi separate fra chi ha una condizione di disabilità e chi non la ha, perché tornare indietro? Mi sembra una cosa senza senso». Bebe Vio Grandis è in viaggio verso casa dopo due giorni di sorprese e festeggiamenti per il compleanno di mamma Teresa all’isola d’Elba, luogo del cuore per tutta la famiglia. Per questo ha seguito poco il dibattito suscitato dalle parole del generale Vannacci, ma è rimasta colpita dalla proposta di avere classi specifiche per alunni e alunne disabili, cosa che accadeva prima della legge sull’inclusione scolastica del 1977. «A me sembra paradossale che si possa anche solo pensare una cosa del genere. Abbiamo iniziato l’inclusione a scuola, ora qualcuno propone di dividerci ancora e fare passi indietro anche culturalmente».

Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, ha detto che sono «proposte inaccettabili» e che «la società è più avanti», anche grazie allo sport.«Ha ragione. Non ci sono motivi per farle. Anche noi atleti abbiamo aiutato a cambiare la percezione».

Non tutto funziona alla perfezione, però. Forse a questo si riferiva Vannacci.«Motivo per migliorare, non per peggiorare. Siamo stati anche i primi a inserire gli insegnanti di sostegno. Sono utili anche a chi non ha disabilità».

In che senso?«Penso ai tanti minori stranieri. Anche nelle mie classi ce n’erano. O a quel mio compagno che non capiva l’italiano, perché a casa parlava solo in dialetto veneto, e gli è stata affiancata una persona. Dividiamo anche loro? Giusto che si venga aiutati».

Lei ha vissuto la scuola in entrambe le condizioni: prima della malattia, che ha portato all’amputazione degli arti, e dopo.«È stato molto importante avere i miei compagni vicino. Ci sono state anche cose buffe. Quando ero all’ospedale avevo le verifiche un po’ prima degli altri e le passavo. Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno. Al liceo ci si aiutava. È anche così che si scopre e attua la solidarietà».

È stato utile per lei dopo la malattia?«Stare insieme a compagne e compagni che avevano qualche condizione di disabilità fin da quando ero piccola mi è servito a crescere e questo vale anche per loro. In particolare, a me ha aiutato a entrare con molta più facilità nel mondo della disabilità, perché la conoscevo».

La sua è una disabilità fisica. Vale lo stesso per chi ha disabilità intellettive e relazionali?«Vale sempre. Prima della malattia ero in classe con un compagno in carrozzina e uno con autismo. Facevamo i turni per aiutarlo a fare i compiti, quando occorreva. E nell’intervallo in corridoio si organizzavano gare di velocità in carrozzina. Anche questa è inclusione. Ecco la società solidale».

Mai pensato di entrare in politica?«La politica si può fare con le azioni e i pensieri, anche fuori dai partiti. Comunque, in passato ho vinto anche le elezioni».

Quando?«Avevo ancora gambe e braccia. Ero nel Consiglio comunale dei bambini a Mogliano Veneto. Inventai le “multe morali” per chi parcheggiava nel posto disabili. Trovare un foglietto di rimprovero lasciato da una bambina di quarta elementare penso facesse riflettere».

Vannacci ha anche detto che mai farebbe correre i 100 metri a un disabile insieme a chi fa il record.«Non conosce Markus Rehm».

Gli spieghi chi è.«Un saltatore in lungo tedesco. È amputato a una gamba e da anni è il migliore del mondo, non solo fra i paralimpici, anche fra gli olimpici. A Wembrace Sport, l’evento organizzato da art4sport, la mia associazione, partecipano insieme persone con e senza disabilità».

Insomma, non ci si deve separare, ma unire.«Ognuno ha delle peculiarità diverse. Non si tratta solo di una condizione di disabilità, ma tutto ciò che ci identifica fisicamente e culturalmente come persone. Sarebbe ridicolo suddividerci in categorie visto che ognuno è diverso dall’altro».

Dalla scuola il discorso si allarga alla società?«Una società buona deve essere una società inclusiva, non che divide. Se si è insieme, possiamo ognuno essere utile e di aiuto per gli altri».


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