La diffamazione contro un morto di chi odia nel nome dell'orso
I fatti. Nel pomeriggio del 5 aprile del 2023 Andrea Papi, runner ventiseienne, viene aggredito e ucciso da un'orsa mentre sta correndo. I misfatti. Dal giorno successivo s'infiamma il dibattito sulla possibilità di abbattere l'animale, dal nome JJ4, e frotte di estremisti ambientalisti invadono social, tv, quotidiani, radio e financo piazze forti di una teoria bestiale e un'accusa neppure velata: l'orsa è comunque innocente e Papi, correndo in un bosco, se l'è andata a cercare, se fosse rimasto a casa sua non sarebbe accaduto nulla.
Il clima è talmente pesante che Maurizio Fugatti, presidente della Provincia di Trento che da anni sostiene la necessità di abbattere i plantigradi pericolosi - pardon, ora si dice «problematici» - dopo aver ricevuto minacce e buste con proiettili viene messo sotto scorta. Il dibattito sprofonda immediatamente in una rissa da stadio, dimenticando che se c'è una responsabilità umana dietro la violenza animale non è certo quella di Papi, ma piuttosto di quello scellerato progetto dal nome «Life ursus». Cioè un piano di ripopolamento di orsi in Trentino che prevedeva il trasferimento degli animali dalla Slovenia in Italia: sarebbero dovuti essere 50 e invece sono 100, se non 120, non lo sa più nessuno; avrebbero dovuto spostarsi dalla zona e invece sono ancora tutti lì e scorrazzano anche ai bordi dei centri abitati.
Ieri, a quasi un anno dalla morte di Papi, la procura di Trento ha chiuso le indagini su 18 «odiatori social» che avrebbero diffamato la memoria del giovane. Non sappiamo se siano colpevoli, ma siamo certi - e su questo saranno d'accordo anche gli ecologisti più moderati, cioè la maggior parte - che in talune frange estreme di ambientalismo si annidano esseri umani più bestiali delle fiere più selvatiche.
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