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Moana Pozzi, la mamma non si dà pace: «Dove ho sbagliato? La colpa è di Schicchi». Il retroscena su Craxi

Moana Pozzi, la mamma non si dà pace: «Dove ho sbagliato? La colpa è di Schicchi». Il retroscena su Craxi
Da: Girovagando Pubblicato In: Gennaio 01, 2024 Visualizzato: 1100

Moana Pozzi, la mamma non si dà pace: «Dove ho sbagliato? La colpa è di Schicchi». Il retroscena su Craxi

Ventinove anni dopo Rosanna Alloisio, ottantadue anni, casalinga piemontese, madre di Moana Pozzi, ha deciso di raccontare a Di Più la Moana che lei ha conosciuto. Quella che nessuno ha mai vissuto. Lei le ripeteva: «“Non spogliarti, non li fare quei brutti film”. Dio sa se ci ho provato a convincerla, non c’è stato santo. “Mammina, non ti arrabbiare, tanto lo so che mi vuoi bene lo stesso. In fondo non piac­ciono nemmeno a me”».

 

«E rideva, aveva denti bellissimi. “Come sei antica. Anche le statue sono nude. Metteresti il reggiseno pure a Pao­lina Bonaparte”. Litigavamo. Le passava subito. Impossibile non amarla. A volte mi chiamava da Los Angeles solo per chiedermi una ricetta. O per dirmi che mi aveva comprato un paio di scarpe a pois, li adoravo. Non devo perdonarla di niente, quello spetta solo a nostro Signore».

Moana è morta al­l’Hôtel­ Dieu di Lione il 15 set­tembre 1994, a trentatré anni, per un tumore al fegato. «I primi tem­pi mi illudevo - racconta la madre al settimanale di Cairo Editore - che da un momen­to all’altro mi avrebbe telefonato. Invece no. Sarà andata in un posto migliore, dove spero sia dav­vero felice».

Moana giocava con le Barbie, con il Lego. A scuola andava alle Orsoline. Una bimba brava, tranquilla. Anche da adolescente, «anche se a sedici anni ave­va già il corpo da donna, alta un metro e settantotto, prosperosa, non metteva minigonne o scolla­ture, però attirava i ragazzi. “Od­dio”, mi preoccupavo. Ero sola, mio marito, ricercatore nucleare, non c’era mai. Quando andava in balera stavo sveglia finché non ri­entrava, ma droghe non ne ha mai prese, non fumava e nemmeno be­veva».

 

A 18 anni andò a Roma a studiare recitazione. «Noi eravamo a Bracciano. C’era un al­ berghetto lì vicino. Vennero a gi­ rarci una commedia con Edwige Fenech. Moana passò, la notaro­ no. “Bella come sei, potresti fare del cinema”. Ero contraria. “Pri­ ma finisci di studiare”. Cominciò a posare come modella per i pitto­ ri. Qualche particina, la TV. Non so come o dove, un giorno pur­ troppo incontrò quello Schicchi. Ed entrò in quel mondo orribile».

 

 

Sua madre continuava a chiederle perché lo facesse. Non si dava pace. «Però anche la mi­gliore delle madri alla fine si stan­ca. “Non ti preoccupare, mamma, poi smetto”».

Con i primi soldi, racconta ancora la madre Moana comprò un piccolo appartamento dietro San Pietro, con un terraz­zo pieno di fiori. Ma anche «un attico sulla Cassia, pareva la casa di una prin­cipessa. Andavamo a pregare sul­ la tomba di papa Roncalli, il suo preferito. Era molto religiosa». Ogni tanto ci riprovava: «“Come puoi fare quelle porcherie, allora?”, insistevo. “Sono diversa da come pensi tu. Ma resto sem­ pre la tua Moana”».

 

Rosanna non ha mai visto un suo film a luci rosse. Ma sapeva tutto di lei. Compresa la relazione con Bettino Craxi: «"Come fai a stare con quel vecchiaccio?”. “È intelligen­te, gentile, si prende cura di me”. “Ti credo”, pensavo. Cercava la figura paterna che non ha avuto. Per mio marito io e le figlie erava­mo soltanto una scocciatura, que­sta è la verità. Una volta Moana tornò a casa con una maglietta da uomo, enorme. “Me l’ha lasciata Bettino”. “Oddio, sembra quella di un ippopotamo”. “Dai, mam­ma, cosa importa?”. Lui diven­tò geloso, lei frequentava altri. Si sono lasciati».

Un matrimonio a Las Vegas mai registrato poi la malattia scoperta all'improvviso, a Lione: «“Vedrai, mi curo e guari­sco”. Voleva vivere. In sette mesi se n’è andata».

Mesi in cui sua madre non l'ha mai lasciata sola un attimo. «Quanto ha sofferto, ma era una leonessa. Aveva ripreso peso. Nel letto d’ospedale, mi mostrò le gambe. “Sono tornate com’e­rano”. Due giorni prima di mori­re mi chiese di toglierle lo smal­to alle mani, per metterne uno tra­ sparente. “Ai piedi lasciami quel­lo fucsia”. Con l’aiuto di un’infer­miera si lavò i capelli, con tubi e flebo attaccati. Parlavamo, rideva­mo, ero convinta che si riprendes­se. “Appena esco ci trasferiamo in campagna e apro una libreria”. Quando è morta era serena, ancora bella, le ciglia lunghissime. “Non metto nemmeno il mascara”. Sem­brava che dormisse».

 

Rosanna non si è mai perdonata la vita di Moana. «Ancora oggi mi chiedo dove ho sbagliato, me ne faccio una colpa. Il parroco dice che non devo, che è così che era scritto in Cielo. L’ho sognata soltanto una volta. Vestita di bianco, con una borsetta d’ar­gento, scalza. “Sei senza scarpe”. “Dove sto andando non servono, è un bel posto, si sta bene”. E mi ha sorriso».

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