Alessia Pifferi scrive dal carcere: mia figlia mi manca da morire.Vorrei che fosse un brutto sogno
Il quadro accusatorio si è aggravato con l'ipotesi di corruzione di minore in relazione alle chat dalla quali è venuta a galla l'ombra di presunti abusi sulla bimba.
Alessia Pifferi, 37 anni, è in carcere dal 21 luglio scorso per la morte di sua figlia Diana, con l’accusa di omicidio volontario aggravato con l'accusa di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di quasi un anno e mezzo, abbandonata sola in casa per sei giorni.
Oggi la trasmissione “IcebergLombardia” in onda su Telelombardia ha diffuso un suo scritto inviato dal carcere.
Scrive la donna: "Da che mia figlia non c'è più mi sento vuota e spenta sia psicologicamente che nel cuore, mia figlia mi manca da morire ed il dolore è molto forte ed intenso; ogni volta che chiudo gli occhi spero che tutta questa situazione sia solo un brutto sogno ed invece mi sveglio in carcere e mia figlia non c'è più".
Una lunga dichiarazione scritta così Alessia Pifferi prova a spiegare il suo stato d'animo. Si legge ancora: “A Diana facevo cucù e ridevamo come due matte e poi dopo un pò si addormentava... Penso di sapere solo io il dolore, la sofferenza che ho nel cuore per questa situazione, ed il trauma che sto vivendo. Vorrei tanto tornare indietro se si potesse soltanto per riavere con me mia figlia". La parole della donna giungono dopo che il quadro accusatorio si è ulteriormente aggravato con l'ipotesi di corruzione di minore in relazione alle chat dalla quali è venuta a galla l'ombra di presunti abusi sulla bimba. Chat da cui è emerso pure che la madre mostrava ad alcuni uomini, con cui aveva rapporti a pagamento, foto della figlia. Per questa ipotesi di reato, che la vede indagata assiema ad un 56enne, Alessia Pifferi sarà interrogata domani.
Nelle dichiarazioni diffuse da Telelombardia, Alessia Pifferisi descrive però così nella vita di tutti i giorni: "in casa avevo capito che se non si lavorava non si mangiava - afferma - ho fatto vari lavori nella mia vita anche se in nero; ma a me importava trovare dei lavori come pulizie, baby sitter, assistevo un anziano anche come compagnia, pulizie in ospedale in un centro tumori, assistente alla poltrona. Per me quello che contava era trovare lavori onesti e umili - dice la donna - che mi consentissero di avere soldi in tasca per fare la spesa e per mantenermi ed io ogni fine settimana o ogni fine mese ero molto felice. Non sono mai stata una spendacciona grazie agli insegnamenti che ho ricevuto dalla mia famiglia. Ricordo che quando lavoravo avevo iniziato anche ad andare in vacanza da sola ed ero felicissima perché ero finanziariamente indipendente, ma in casa non doveva mancare nulla nel frigo". Per il filone principale di indagine, infine, il gip di Milano Fabrizio Filice ha respinto una nuova istanza della difesa ribadendo che non sono necessarie analisi dattiloscopiche, ossia sulle impronte digitali su alcuni reperti, tra cui il biberon trovato accanto al corpo della piccola Diana.
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