L'accusa nei confronti di Alessia Pifferi, la mamma della bimba di 18 mesi trovata morta in casa, è di omicidio volontario.
Quando mercoledì 14 luglio Alessia Pifferi, la mamma della bimba di 18 mesi trovata senza vita in casa, è scesa in strada per chiedere aiuto si è giustificata con i vicini: "Non sono una cattiva madre". Ma la piccola Diana, nata il 29 gennaio di un anno fa, giaceva esanime nella sua culletta: morta di disidratazione e stenti. Accanto al corpicino c'era un biberon vuoto e un pannolino sporco. Poi un altro sul davanzale, pieno di vermi. In cucina, gli investigatori hanno trovato anche un flacone di "En", un farmaco contenente benzodiazepine, vuoto per tre quarti. Gli inquirenti ipotizzano che la bimba possa essere stata sedata, motivo per cui alla 36enne è stato contestato il reato di omicidio volontario con l'aggravante della premeditazione e dei futili motivi. Ora si trova reclusa nel carcere di San Vittore.
I fatti
Mercoledì mattina, pressappoco alle ore 11.30, Alessia Pifferi torna nell'appartamentino di via Parea, nel quartiere di Ponte Lambro, alla periferia di Milano, e trova la figlia morta. "Ho visto che non si muoveva - ha spiegato durante l'interrogatorio - Le ho dato una pacchetta sulla schiena, poi l'ho messa nel lavandino per bagnarla ma ho visto che non si riprendeva". A quel punto, ricostruisce il Corriere della Sera nell'articolo a firma di Pierpaolo Lio, la 36enne chiede aiuto a una vicina, allerta il 118 e poi si precipita in cortile. Sul posto, oltre all'ambulanza, intervengono gli agenti della squadra Mobile, diretta da Marco Calì, e la donna viene accompagnata in Questura.
L'interrogatorio
Davanti al Pm Francesco De Tommasi, la giovane donna ha raccontato di una vita allo sbando tra relazioni con uomini conosciuti su Tinder e il nuovo compagno che vive a Leffe, in provincia di Bergamo. È stata con lui nei sei giorni in cui la piccola Diana è rimasta da sola in casa morendo di fame e sete. Sentito dagli inquirenti, l'uomo ha in parte confermato la versione fornita dalla 36enne anche se ha precisato che, il lunedì antecedente alla tragedia, sarebbe stato a Milano per lavoro e la fidanzata non gli avrebbe chiesto di passare da casa. "A lui (il compagno ndr) ho detto che Diana era al sicuro, accudita da mia sorella. Non volevo essere giudicata", ha spiegato Alessia al pm ammettendo, altresì, di lasciare spesso la figlioletta da sola in casa. Lo ha fatto, per la prima volta, quattro settimana fa per andare dal compagno con un'amica: "Sono stata via solo per qualche ora. E poi l'ho lasciata con due bottigliette e altrettanti biberon", ha assicurato. Ma per gli inquirenti qualcosa non torna nel racconto.
L'ipotesi
Forse Diana è stata "sedata". Nel tinello del bilocale dove la 36enne viveva assieme alla figlioletta, gli investigatori hanno trovato una boccetta semivuota di benzodiazepine: "Me le aveva date una persona che ho conosciuto", ha spiegato Alessia. La donna ha negato di aver mai somministrato il farmaco alla bimba: "Le ho dato qualche goccia di tachipirina perché ho pensato che le facessero male i dentini, sbavava". Ma nell'appartamento non c'era traccia di alcun antipiretico. Durante l'interrogatorio il pm ha domandato alla giovane mamma se avesse mai considerato i rischi e le conseguenze di lasciare la piccola da sola in casa. "Sì ma non la disidratazione e la morte. Quando sono andata via non era tranquilla. - ha ammesso - Sapevo che stavo facendo quacosa che non andava fatto, che poteva succedere di tutto. Anche quello che poi è successo".
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