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È il Vinitaly dei record: «Brindiamo alla pace»
  Aprile 15, 2024     Assistenza Marketing  

VERONA - Vinitaly edizione numero 56 si apre con l'annuncio che arriva dalla capitale: il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annullato la visita al salone di Verona, l'attacco iraniano contro Israele ha cambiato l'agenda governativa. Anzi, no: in serata la premier ci ripensa e conferma la visita. Stamattina sarà a Verona. Certo che mancava solo la guerra. Già c'erano gli "attacchi" di Bruxelles, le richieste di etichettare il vino come cancerogeno, le aperture allo "zero-alcol", le difficoltà nei collegamenti attraverso il canale di Suez, con l'export di tutti i vini in calo, perfino le bollicine del prosecco (-1,7%), anche se i vitigni veneti vedono comunque aumentare il valore economico nelle esportazioni (+5,4%). Insomma, non è crisi, ma bisogna stare attenti, perché le tendenze mutano e i consumi si adeguano. E, appunto, ci mancavano solo i missili e i droni dall'Iran. 

I NUMERI

È un salone anomalo quello che fino a mercoledì riempirà i saloni della Fiera scaligera. Numeri impressionanti nella partecipazione: 4mila cantine, più di 30mila operatori internazionali tra cui 1.200 top buyer da 68 nazioni. E pubblico pagante: 120 euro il biglietto giornaliero. Quattro giorni di business, con la preoccupazione di riflessi della situazione geopolitica tutt'altro che positivi sul comparto economico, tanto che i produttori continuano a cercare nuovi mercati. Nel giorno dell'inaugurazione c'è il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il cui saluto parte dai fatti di cronaca: «È stata una notte difficile, rivolgo un appello alla responsabilità a tutte le istituzioni nazionali e internazionali. Penso sia dovere di tutti noi donare ai nostri figli e alle future generazioni un mondo di pace». C'è il vicepremier e titolare degli Esteri, Antonio Tajani, che un po' tranquillizza («I 1.100 militari italiani al confine tra Israele e Libano sono tutti in sicurezza»), ma rimane realista («Siamo preoccupati, ma anche attivi, abbiamo la responsabilità di guidare il G7 proprio per questo»). 
Ci sono i ministri del Made in Italy Adolfo Urso, della Cultura Gennaro Sangiuliano e ovviamente dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, nel pomeriggio arriva anche il titolare della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, mentre oggi sono attesi Giuseppe Valditara e Daniela Santanché. C'è il governatore del Veneto Luca Zaia che a questo Vinitaly presenta il nuovo padiglione della Regione e mentre ricorda i numeri («Il Veneto rappresenta la prima regione in Italia per produzione di vino, con 11 milioni di ettolitri su un dato nazionale di circa 56 milioni, ma soprattutto copre il 36% dell'export nazionale»), regala una bandiera a Tajani e stappa così la bottiglia di prosecco: «Un brindisi alla pace». Con il ministro degli Esteri che apprezza: «Giusto, serve che ci impegniamo tutti». 

LA PASSERELLA

Le polemiche politiche vengono scansate, non si parla di terzo mandato (anche se nel padiglione del Piemonte il governatore azzurro Alberto Cirio, che a giugno si ripresenterà al voto, non ha dubbi: «Io cercherò di fare bene il mio secondo mandato se i miei cittadini lo riterranno, ma ritengo che dieci anni per un presidente di Regione siano sufficienti»), lo stesso Zaia non accetta di farsi tirare per la giacchetta sulla polemica interna alla Lega sulla polemica tra Bossi e Salvini («Serve un nuovo leader, uno che rimetta al centro la questione settentrionale», ha detto il Senatùr e quando la cronista chiede al governatore se "Bossi ha ragione sì o no?", la risposta è secca: «Sì o no non me lo dice neanche mia mamma»). E passa per folklore il mini-blitz degli antiproibizionisti che alla cerimonia inaugurale, mentre parla Lollobrigida, arrivano in sala con un cartello: "Cannabis legale come il vino".

Poi, dopo il doppio taglio del nastro - prima del Vinitaly, poi dello stand del Veneto - inizia il tour dei ministri: Lollobrigida in Lazio, Urso tra i marchi storici del prosecco, Tajani al Vinitaly Usa, Zagrillo in Piemonte, mentre Sangiuliano esalta la scelta di aver (ri)portato la cultura nel salone scaligero. La presenza dei politici non passa inosservata. E' vicinanza e attenzione al settore. Anche se tra il pubblico la spiegazione è più prosaica: «Siamo già in campagna elettorale».


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